Rispondo alla splendida lettera di Elio De Capitani , ricevuta stamane e a cui
ha tenuto seguito la mia decisione di venire a teatro stasera. Alla fine dello spettacolo ho ringraziato personalmente De Capitani , seduto in terza fila e gli ho promesso che , arrivata a casa , avrei risposto alla sua lettera. Sono uscita commossa per la bravura mostruosa di Cristna Crippa e per la straordinaria regia . Mi sono anche rimproverata di non averlo visto prima , questo spettacolo e neppure di saperne il contenuto ( nonostante conoscessi Alessandra Ghiglione ) , ma la vita ci porta spesso lontano da piste che ci possono dare emozioni vere , conoscenza di realtá indicibili nell' ambito del nostro percorso di vita . Mi é difficile dipanare la matassa delle emozioni , sensazioni e riflessioni , ma sono contenta che stasera hanno visto Lola dei miei giovani allievi di teatro, che hanno avuto modo di imparare come si puö fare teatro in un certo modo, se si vuole dare un certo messaggio non solo umano , ma anche sociale.
Grazie all' Elfo che da anni si propone questo obiettivo.
Mariella Parravicini ( una veterana della scuola e del teatro )
Milano, giugno 2014
Caro Elio, cara Cristina, cara Patricia, caro Baliani, caro Carlo Sala,
io lo spettacolo l'ho visto, con mia moglie, questo sabato,
in prima fila, quasi dentro la scena,
come mi capita spesso in quella sala fassbinder,
(ci sono ancora pozze di miei lacrimoni per le due volte di "viva l'italia"
e l'intimità che mi ha fatto sfiorare un drappo di Bruni in salomè ecc.),
confermo che di regalo, di generoso regalo, si tratta
potrei dire mille cose ma sarebbe forse uno sminuire una cosa che ha una propria e definita Forma,
e come tale non commentabile
ho 55 anni e non ho la fregola del "mi piace" o del commento ad ogni costo
(commenta live l'episodio! e perchè mai? e a chi?)
però so che quando si riceve un bel regalo
bisogna dire grazie.
Grande regalo davvero!
A un certo punto Cristina, in pieno spettacolo, mi ha porto una pagina del diario perchè ammirassi la
calligrafia (a me, proprio a me, per davvero, giurin giuretta)
Ebbene vi assicuro che per lunghi minuti io non sapevo più dove mi trovassi, completamente preda
della sospensione dell'incredulità (con buona pace del teatro epico, ma d'altronde la sala si chiama
Fassbinder, mica Brecht)
un'ultima cosa: si capisce benissimo perché
Cristina non volesse farlo con nessun'altra persona,
in una liturgia così dolente ed esposta, le mani
cui ci si affida penso possano appartenere
a una persona sola
e poi questa signora Patricia
è bravissima,
la immagino anche in ruoli comici,
così espressiva e parsimoniosa,
e viene dall'altra parte del mondo.
ditele di trattenersi,
se lo fa un papa lo può fare anche lei
bacioni e buone vacanze a tutti
(cioè, buone prove)
sono molto gasato perché i due abbonamenti coppia che la vostra programmazione mi ha costretto a
sottoscrivere se non ho capito male sono il n. 1 e il n. 2
questo per dire che ho capito il trucco e ormai non perdo più tempo a chiedermi se lo spettacolo più
bello dell'elfo sia questo oppure quello,
perchè lo spettacolo più bello è la STAGIONE
ciao
Carlo Chiarino
6 giugno 2014
La sana follia di Adalgisa in «Lola che ti dilati la camicia» all' Elfo
di Francesca Motta
Sepolta viva alla disperata ricerca d'amore. Adalgisa Conti "la pazza improduttiva e strana, senza figli non si sa perché" trova ragione e voce nella lancinante pièce "Lola che dilati la camicia", spettacolo cult rimesso in scena dall''Elfo Puccini. Prosa autobiografica di deflagrante impatto emozionale tratta dall'epistolario e la cronistoria che Luciano Della Mea ha raccolto nel libro "Gentilissimo sig. Dottore. Questa è la mia vita".
Pagine che squadernano un dolore assoluto, drammaturgicamente rese in traumatica memoria che si trasforma in un sudario tatuato di parole dalla forza tellurica. Non è fantasia, non è finzione, è vita che " in verità a volte non è punto bella". Adalgisa salutò il mondo all'età di ventisei anni, il 17 novembre 1913, ricoverata per volontà del marito, fine pena mai, al Manicomio di Arezzo, per sindrome malinconica e delirio di persecuzione.
Eccola in scena, sperduta e delirante, corpo, voce, battito cardiaco di una superlativa Cristina Crippa, che ospita senza pudore e con straziante tenerezza, il lungo gemito e lo smarrimento di questa donnina che attraversa l'inferno manicomiale per ascendere al Golgota dell'alienazione mentale coatta. Il suo racconto affonda nella grana profonda della pelle, libra sul palcoscenico tappezzato di lenzuola lise dal tempo e dall'empietà, scava negli anfratti, nelle schegge di memoria, rimesta nel passato.
Povera anima confusa, ormai bistrattata, umiliata, inchiodata a un destino infame che cerca disperatamente una via d'uscita, attraverso quelle lettere, alla madre, al marito boia Probo, al dottore l'unico che può liberala. Poi dal 1914 in poi, silenzio. Adalgisa non scrive più, si arrende a chi la vuole matta a tutti i costi e passa al reparto agitate. Il segno registico di Baliani crea un'atmosfera empatica, subito siamo trascinati a forza in quel luogo obliato, instradati dal rito della tinozza, scena d'incomparabile impatto sacrale, che spalanca le porte alla tragedia di quell'anima scuoiata che fa scempio di sé, dei suoi furori e dei suoi sogni spezzati. A colmare quel bisogno di calore irrisolto, compagna di detenzione e nutrice, è l'infermiera incrollabile e chioccia della potente Patricia Savastano, testimone e compagna fedele per oltre sessantacinque anni della "pazza" Adalgisa. Impossibile dimenticare l'urlo senza voce di munchiana memoria della protagonista ormai novantenne, dichiarata demente e incurabile, giunta allo spasimo finale. Da non perdere.
"Lola che dilati la camicia"
dall'autobiografia di Adalgisa Conti a cura di Luciano Della Mea.
Drammaturgia di Marco Baliani, Cristina Crippa e Alessandra Ghiglione. Regia di Marco Baliani. Scene e costumi Carlo Sala. Interpreti: Cristina Crippa e Patricia Savastano. Produzione Teatro dell'Elfo.
In scena fino al 21 giugno-Sala Fassbinder Elfo Puccini- Milano
Moglie di Dario, grande grecista, scomparso da poco, autore e traduttore - del nostro Sogno tra le altre cose - madre di Filippo Del Corno, compositore, ex presidente di Sentieri Selvaggi - Ensemble di Musica Contemporanea residente all'Elfo e ora nostro assessore alla Cultura nella giunta Pisapia - donna di grandissima sensibilità e cultura, Lia Del Corno ci scrive:
Inizierei dicendo che sono commossa al pari di voi tutti che per Lola avete lavorato e state lavorando. Uno spettacolo teatrale non si fa, si vive (e voi lo sapete meglio di me) ad ogni rappresentazione. Coloro che non capiscono che ogni volta lo spettacolo è diverso, non hanno avuto la fortuna di capire cosa sia il teatro. Si tratta di persone che, a volte, addirittura dubitano della sanità di mente di chi cerca di spiegare che assistere a uno spettacolo teatrale è ben diverso che guardare un film. A teatro il titolo è sempre lo stesso, la compagnia pure, lo spazio amche, e la durata pure (e non c'è il direttore d'orchestra che scandisce il suo tempo). Personalmente, quando posso, rivedo uno spettacolo anche più volte e tutte le volte il voto finale che attribuisco è diverso. Lola è uno spettacolo perfetto, e come tale dovrebbe sempre prendere 10. Ma il feeling tra attori e pubblico, tra i passi di una camminata per traversare la scena, e quelli fatti la sera precedente, il modo di girare la testa, il costume che casca in un determinato modo.....tutto cambia e tutto si ricrea. Ed è mostruoso distruggere quanto si è creato tanto magistralmente. Comprendo dunque il vostro dolore, quello di Marco, di Carlo e di Patricia, ma anche quelllo dei tecnici e delle maschere. Lola non può morire, Lola non deve morire. Mi ha commosso, incantato, meravigliato, e per questa commozione, incanto e meraviglia vi sono molto grata. Lo sono a voi tutti dell'Elfo, ha chi ha scoperto gli scritti di Adalgisa, e, ovviamente a Adalgisa Conti stessa. Lei ha portato la croce e lei ha cantato: donna mirabile e sfortunata. O, forse, fortunata da un certo punto di vista. Non a molti esseri umani capita la sorte di far fremere di amore, di comprensione, di gioia e di dolore migliaia di persone; tutte coloro che, sera dopo sera, sedute. in poltrona, divengono testimoni di una particolare essenza umana. Non vorrei apparire esagerata ma Adalgisa/Cristina/Patricia hanno lo stesso merito di chi salva una vita umana. E questo merito va attribuito pure e tutti voi che per queste donne, e per il vostro pubblico avete lavorato.
E' moro il re, viva il re! No, non è così semplice. Farete certamente altri bellissimi spettacoli: ne sono sicura e ve lo auguro, ma Lola...... lunga vita a Lola. E ora scrivo una follia. A Milano c'è un Palazzo Reale (proprio di fianco al Duomo) con una grande sala amorfa (quella delle cariatidi) Già non era bella prima, la guerra ha fatto il resto; e gli architetti si sbizzarriscono in assurde proposte. I danni della guerra, a mio parere, non vanno nascosti, servono da monito a quei milanesi che non hanno vissuto i bombardamenti . Le cariatidi decapitate sono indigeste, ma hanno la loro funzione. E se le velassimo....?Il tessuto che fa da sfondo a Lola potrebbe diventare un grande manto , un sipario che vela i danni che guerre e cattiverie umane producono. Le bombe hanno annientato molte vite, i medici e i loro conniventi hanno annientato Adalgisa.
Ora, però, non mettete la camicia di forza pure a me. Ho premesso che scrivevo una follia.Ritengo di essere lucida di testa, innamorata del teatro, e sempre molto vicina a tutti voi. Vi abbraccio. Lia